(Adnkronos) – "La questione salariale non può essere ricondotta unicamente ad un dibattito sull'opportunità, o meno, di introdurre un salario minimo legale, ma deve andare a toccare i principali problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori in Italia, dai rinnovi contrattuali alla diffusione del dumping contrattuale, dalla crescita esponenziale del costo della vita all'elevato cuneo fiscale, fino all'impatto della precarietà e del lavoro povero". E' questa la posizione del Cnel, targato Renato Brunetta, sulla questione salario minimo come risulta dalla memoria depositata, nel corso di una audizione informale, in Commissione Lavoro della Camera l'11 luglio scorso. Un campo di osservazione ampio, dunque, che deve passare anche dall'analisi dei motivi per i quali "il nostro Paese è soggetto da tempo ad un problema di bassa produttività", al palo diversamente da quanto accade in altri Paesi, Francia e Germania in testa. Tutti temi, questi, annota ancora palazzo Lubin individuato dalla premier Meloni come sede istituzionale del prossimo confronto, che "evidenziano la complessità della questione salariale" e che portano ad includere il dibattito "entro un percorso più ampio rispetto agli interrogativi sull'opportunità o meno di un salario legale che sappia conciliare le inevitabili misure emergenziali con soluzioni di medio e lungo periodo, capaci di dare risposte strutturali ai gravi problemi che rallentano la crescita dei salari nel nostro Paese". Per il Cnel, infatti, un semplice intervento legislativo sui trattamenti minimi "rischierebbe di mettere in secondo piano anche tutti gli altri istituti che i contratti regolano, dimenticando il ruolo centrale che hanno i sistemi di relazioni industriali nel riscrivere i sistemi di classificazione e di inquadramento del personale che governano i criteri di misurazione del valore economico e di scambio del lavoro condizionando l'organizzazione del lavoro, i percorsi di carriera e le dinamiche della produttività". Il salario in questa prospettiva, infatti, annota ancora palazzo Lubin, risulta quindi "come parte finale di un percorso di creazione di valore e non una banale determinazione di una tariffa astratta". Alla luce di queste riflessioni il Cnel sottolinea come alle proposte di legge depositate dall'opposizione in Commissione Lavoro della Camera manchi proprio "il riferimento a possibili soluzioni in grado di affrontare il problema dei bassi salari dal lato della riforma fiscale e da quello della contrattazione ai vari livelli". Quanto al metodo di confronto la memoria del Consiglio nazionale annovera la "valorizzazione del contributo dei corpi intermedi" come un fattore fondamentale per il "corretto inquadramento del problema" con cui porre in linea il controllo delle dinamiche della produttività e della determinazione dei salari con la tradizione del nostro sistema di relazioni industriali. (Adnkronos) – "La questione salariale non può essere ricondotta unicamente ad un dibattito sull'opportunità, o meno, di introdurre un salario minimo legale, ma deve andare a toccare i principali problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori in Italia, dai rinnovi contrattuali alla diffusione del dumping contrattuale, dalla crescita esponenziale del costo della vita all'elevato cuneo fiscale, fino all'impatto della precarietà e del lavoro povero". E' questa la posizione del Cnel, targato Renato Brunetta, sulla questione salario minimo come risulta dalla memoria depositata, nel corso di una audizione informale, in Commissione Lavoro della Camera l'11 luglio scorso. Un campo di osservazione ampio, dunque, che deve passare anche dall'analisi dei motivi per i quali "il nostro Paese è soggetto da tempo ad un problema di bassa produttività", al palo diversamente da quanto accade in altri Paesi, Francia e Germania in testa. Tutti temi, questi, annota ancora palazzo Lubin individuato dalla premier Meloni come sede istituzionale del prossimo confronto, che "evidenziano la complessità della questione salariale" e che portano ad includere il dibattito "entro un percorso più ampio rispetto agli interrogativi sull'opportunità o meno di un salario legale che sappia conciliare le inevitabili misure emergenziali con soluzioni di medio e lungo periodo, capaci di dare risposte strutturali ai gravi problemi che rallentano la crescita dei salari nel nostro Paese". Per il Cnel, infatti, un semplice intervento legislativo sui trattamenti minimi "rischierebbe di mettere in secondo piano anche tutti gli altri istituti che i contratti regolano, dimenticando il ruolo centrale che hanno i sistemi di relazioni industriali nel riscrivere i sistemi di classificazione e di inquadramento del personale che governano i criteri di misurazione del valore economico e di scambio del lavoro condizionando l'organizzazione del lavoro, i percorsi di carriera e le dinamiche della produttività". Il salario in questa prospettiva, infatti, annota ancora palazzo Lubin, risulta quindi "come parte finale di un percorso di creazione di valore e non una banale determinazione di una tariffa astratta". Alla luce di queste riflessioni il Cnel sottolinea come alle proposte di legge depositate dall'opposizione in Commissione Lavoro della Camera manchi proprio "il riferimento a possibili soluzioni in grado di affrontare il problema dei bassi salari dal lato della riforma fiscale e da quello della contrattazione ai vari livelli". Quanto al metodo di confronto la memoria del Consiglio nazionale annovera la "valorizzazione del contributo dei corpi intermedi" come un fattore fondamentale per il "corretto inquadramento del problema" con cui porre in linea il controllo delle dinamiche della produttività e della determinazione dei salari con la tradizione del nostro sistema di relazioni industriali. https://www.adnkronos.com/economia/salario-minimo-cosa-dice-il-cnel_2tK7HIitRyBIEbvgxtPwrEeconomiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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